Il buco dell'ozono


Link utili:

Centre for Atmospheric Science, Cambridge University, UK.

http://www.itisdivini.sinp.net/materialiprodo/ozono/Default.htm   ITIS "Divini" - Area di progetto


Negli ultimi 25 anni la preoccupazione di conoscere come le attività umane possono alterare l'atmosfera della terra e` drammaticamente cresciuta. La composizione atmosferica sta cambiando a causa dei grandi problemi dell'impoverimento dell'ozono, dell'effetto serra e della diffusione planetaria dell'inquinamento dell'aria. Questi grandi problemi sono collegati tra loro in vari modi: l'impoverimento dello strato d'ozono stratosferico e l'effetto serra sono strettamente connessi in quanto i clorofluorocarburi (CFC), che giocano un ruolo molto importante per l'impoverimento dell'ozono atmosferico, sono anche dei gas ad effetto serra molto potenti. Inoltre esistono connessioni tra l'effetto serra e l'inquinamento dell'aria causato dall'uso dei combustibili fossili. Durante gli ultimi 10 anni sono notevolmente aumentati gli studi sui processi che controllano l'ozono; infatti questo e' l'unico gas nell'atmosfera capace di evitare che le radiazioni solari ultraviolette più dannose raggiungano la superficie terrestre.

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Nel 1986 la NASA, FAA, NOAA, WMO e UNEP hanno avviato una revisione approfondita dei dati sull'ozono: oltre 100 scienziati hanno partecipato ad un programma finalizzato alla valutazione dei cambiamenti della composizione chimica e della struttura fisica della stratosfera.

L'analisi dei dati forniti da strumenti di misura installati a terra hanno dimostrato che la quantità media annuale dell'ozono e` diminuita del 3-5% tra il 1969 ed il 1988 alle latitudini comprese tra 30 gradi N ed i 64 gradi N.
A partire dall'ottobre 1978 le misure della colonna d'ozono sono state effettuate con strumenti a bordo di satelliti. I valori medi dei dati forniti fino all'ottobre 1985 hanno dimostrato una diminuzione del 2,5%, comprese tra 53 gradi S e 53 gradi N.

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L'analisi dei dati delle misure sia dai satelliti sia a terra mostra che la più grande diminuzione d'ozono s'e` verificata ad un'altezza di 40 Km in entrambi gli emisferi. Le temperature nella stratosfera tra 45 e 55 Km sono diminuite di 1,7 gradi C, coerentemente con le diminuzioni dell'ozono stratosferico più alto.
Dai dati della stazione della baia di Halley e` stato rilevato, per la prima volta, che un cambiamento significativo della quantità d'ozono al di sopra dell'Antartico, confermato anche dai dati dei satelliti. Le mappe che rappresentano la distribuzione quantitativa dell'emisfero sud per i mesi d'ottobre negli anni 1979-1986 mostrano la diminuzione dei valori medi dell'ozono e negli stessi mesi sono diminuiti anche i valori massimi delle medie d'ozono a 55-60 gradi S.

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Sebbene le diminuzioni siano state osservate in ottobre, i valori minimi si riscontrano in settembre.
Le diminuzioni nell'ozono totale sono state maggiori negli anni 80 con perdite del 50%. L'impoverimento dell'ozono in Antartide durante la primavera del 1989 ha eguagliato il buco dell'ozono record del 1987. Dall'inizio dell'agosto 1989 il contenuto d'ozono e` diminuito del 1,5% al giorno fino al 5 ottobre, con un valore di diminuzione del 45%.La dimensione del buco dell'ozono e l'entità d'impoverimento variano a seconda della temperatura e del regime del vento polare. Le cause di questa diminuzione si sono osservate nella campagna del 1986 e in quella del 1987 che hanno dimostrato che le peculiarità` metereologiche della regione Antartica in inverno ed in primavera determinano le condizioni specifiche che giustificano le perturbazioni chimiche osservate.
Numerose indicazioni confermano che i composti del cloro risultati dalle attività umane sono i principali responsabili della diminuzione dell'ozono nel vortice polare. Il cloro proviene dalla rottura delle molecole di clorofluorocarburi (CFC) trasportate senza subire alcun cambiamento. Inoltre anche le nubi stratosferiche polari hanno un ruolo decisivo nella formazione del buco dell'ozono in Antartide. Si e` osservato che in primavera i composti di cloro reattivo sono più abbondanti di 50-100 volte.

Il buco dell'ozono in Antartide non provoca cambiamenti solamente nella regione in cui si trova ma provoca anche significativi cambiamenti in tutta la terra. Infatti delle tracce di impoverimento di ozono si sono rilevate nell'emisfero settentrionale e anche nelle latitudini a sud di 60 gradi. Perfino in antartico si sono verificate delle perturbazioni simili a quelle dell'Antartico e si teme che ci possa essere un calo dell'ozono.

Per finire, per prevenire quello che succederà nell'atmosfera se l'uomo continuerà con le sue azioni a provocare la diminuzione dell'ozono, si sono creati dei modelli unidimensionali, che sono usati per prevedere i cambiamenti nella distribuzione verticale di ozono e della temperatura, e bidimensionali, che prevedono la distribuzione di ozono in funzione di latitudine e di longitudine.

Degli studi, effettuati con i modelli unidimensionali, hanno esaminato gli effetti dell'aumento delle concentrazioni di anidride carbonica, metano e ossido nitroso. Infatti secondo questi modelli esiste un forte accoppiamento chimico tra questi gas che causano una grande variazione della distribuzione verticale dell'ozono e della temperatura. Quindi queste modificazioni causano diminuzioni di ozono nella media - alta stratosfera, specialmente con la concentrazione di CFC in crescita, ed un aumento di ozono nella bassa stratosfera causato dal metano. Invece con i modelli bidimensionali prevedono una variazione nella colonna di ozono in funzione della latitudine.
In conclusione possiamo dire che l'affidabilità dei due modelli è abbastanza inerente alla realtà della distribuzione dei componenti chimici. Ma nonostante tutto, i confronti affermano che le concentrazioni di ozono sono inferiori al 30-50% a quelle misurate nel 1969 che appaiono leggermente maggiori. Queste imprecisioni sono date dalla meteorologia polare non sufficientemente rappresentata. Inoltre solo pochi modelli includono gli effetti del biossido di carbonio e della diminuzione di quelle dell'ozono sulla temperatura.

La riduzione dell'ozono

Nel mese di febbraio del 1992, la NASA ha raccolto dei dati da un satellite e da un aereo spia sul problema di un nuovo buco nella fascia di ozono che potrebbe aprirsi anche nell'emisfero Nord della Terra.

Questi hanno riscontrato una grande concentrazione di monossido di cloro che causa la scomparsa dell'ozono, i quali derivano dai CFC.

A causa di ciò nella stratosfera sopra l'Artico c'è stata una diminuzione dal 4% all'8% di ozono. Secondo gli studiosi le condizioni chimiche - fisiche e meteorologiche che fanno scomparire l'ozono sono: al Polo Sud, durante l'inverno australe, le temperature arrivano fino a –80° C. Queste condizioni favoriscono la formazione delle cosiddette nuvole polari stratosferiche, costituite da cristalli di ghiaccio, sui quali vanno a fissarsi le sostanze quali l’ossido di azoto, che in condizioni normali ha la capacità di reagire chimicamente con il monossido di cloro rendendolo inerte. Se gli ossidi di azoto si fissano sui cristalli di ghiaccio, questa loro capacità è inibita, cioè non sono più appunto in grado di dar luogo ad una reazione chimica con i radicali liberi che si formano dai composti in cui è presente il cloro (come i CFC). Di conseguenza, il monossido di cloro, al sorgere del sole in concomitanza con l’inizio della primavera australe, è libero di iniziare la reazione fotolitica che distrugge le molecole di ozono.

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Facendo click sull'immagine si ottiene il filmato del ClONO2 che provoca la riduzione dell'ozono.

La stratosfera dell’Artico è molto meno fredda di quella dell’Antartico e perciò nell’emisfero nord la formazione di nuvole polari stratosferiche è meno probabile. Ma, alla luce degli ultimi dati ottenuti, gli scienziati hanno ipotizzato che un ruolo analogo a quello di tali nuvole nella formazione del buco dell'ozono possa essere rivestito dalle polveri e dalle gocce di acido lanciate nella stratosfera in seguito a eruzioni vulcaniche disastrose, in particolare quella del Pinatubo.

Gli aerosol sono costituiti da acido solforico reagiscono con gli ossidi di azoto perdendo la capacità di bloccare il monossido di cloro, con l'arrivo del sole, fa un fenomeno simile a quello sopra descritto. Dati relativi alla diminuzione di ossido di azoto sono forniti dall'EASOE (European Artic Stratospheric Ozone Experiment) che studia l'ozono stratosferico dalla base di Sodankila in Finlandia.

Gli strumenti più importanti usati sono uno spettrometro per le misure nell'UV - visibile, alcune sonde lanciate dove si trova la maggior concentrazione di ozono; inoltre sono disponibili anche due LINDAR, che sono una specie di telescopi, dei quali uno è usato per la misura dell’aerosol stratosferico e per studiare le nubi polari, e l'altra misura quanto ozono stratosferico e troposferico c’è verticalmente.

Si spera poi che i dati relativi a questa prossima primavera siano meno gravi. Ma la comunità scientifica ha molte preoccupazioni perché secondo loro la situazione si aggraverà con grosse conseguenze per l’umanità perché, come si sa, l’ozono ci difende dai raggi ultravioletti e la sua diminuzione comporterebbe l’aumento di tumori alla pelle, della cataratta, meno difese immunitarie per gli organismi e seri danni nella crescita del fitoplancton.

 

L'ozono ai poli

Durante gli inverni polari l’atmosfera dei due poli terrestri s’isola dal resto del mondo. Questa condizione particolare, che è denominata vortice polare, diventa sede di reazioni chimiche che sono responsabili del buco dell’ozono. La formazione di questi vortici dipende dalla conformazione geografica dei due poli.

Il polo sud, immenso continente di ghiaccio quasi circolare; con un diametro di 5000 Km, è circondato dai tre maggiori oceani del pianeta (Atlantico, Pacifico e Indiano). In inverno il divario di temperatura (almeno 50° C) tra l’acqua e il ghiaccio genera un movimento d’aria ascensionale intorno all’Antartico.

La risalita dell’aria causa una serie di depressioni dominate dai selvaggi venti dell’ovest, ben noti nei mari australi. L’aspetto esteriore di tutti i flussi verticali, è paragonabile ad un cilindro il cui asse è in pratica un prolungamento di quello della terra.

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In un secondo tempo, questa colonna d’aria è messa in rotazione dall'azione dei venti tropicali che convergono verso il polo. Risultato: l’antartico è avvolto da un immenso ciclone, il vortice polare, che isola questa massa d’aria dal resto del mondo mediante una barriera naturale formata da venti a 300 Km/h che imperversano alla sua periferia. In questo vortice la temperatura si abbassa fino a 80 – 90° C sotto zero, a causa della notte polare. Il freddo intenso provoca la formazione d'immense nuvole stratosferiche, cariche di cristalli di ghiaccio, che rendono incantevoli le aurore boreali. Quando fondono, all’arrivo della primavera, i cristalli liberano nell’atmosfera il cloro che avevano intrappolato durante l’inverno polare.

Al polo nord si ha lo stesso scenario complessivo, con la differenza che il gradiente di temperatura tra l’oceano e le terre con cui confina è meno elevato e l’energia prodotta dalla formazione del vortice polare più ridotta. Di conseguenza la barriera che forma il vortice polare è meno impenetrabile.

In questo modo l’aria più ricca d'ozono, proviene dalle medie latitudini o dai tropici, può entrare e compensare le perdite. Inoltre poiché è meno frequente l’apparizione di nubi stratosferiche (infatti, le temperature del polo Nord sono sempre superiori a quelle del polo Sud).

 

I cloro fluoro carburi

Le diverse ricerche attraverso sofisticati strumenti di misura hanno rilevato che l’ozono è concentrato tra i 10 e i 45 Km di altezza.
A tale altitudine avviene che l’ossigeno (O
2) viene spezzato dalle radiazioni solari (O2-->O+O), e l’ossigeno atomico in presenza di un catalizzatore, si unisce con l’ossigeno biatomico (O2+O-->O3) formando così l’ozono.
Oltre a ciò ci sono formazioni di molecole azotate (NOX) idrogenate (HOX) e clorate (ClOX) che distruggono l’ozono (O
3) e riportano l’ossigeno allo stato naturale, così si crea una situazione di equilibrio che fa registrare una concentrazione di ozono pari a 8 p.p.m. (parti per milione).

Intorno al 1985 alcuni scienziati tra cui Joseph Forman affermano la formazione del buco dell’ozono, inoltre alcuni colleghi inglesi fanno coincidere l’assottigliamento dello strato di ozono con l’aumento del cloro.
Questo problema viene attribuito ai CFC cioè cloro fluoro carburi e metano(CH
4).
Queste molecole vennero inventate dalla General Motor per sostituire i gas usati nella surgelazione dei prodotti, gas tossici che uccisero molte famiglie americane.

Da 50 anni questi CFC vengono usati nei circuiti di raffreddamento e nelle bombolette spray, perché sono gas inerti almeno finché rimangono nella zona bassa dell’atmosfera. I CFC diventano pericolosi quando le correnti connettive inizialmente li diffusero nella troposfera, successivamente essi sarebbero stati accumulati nella fascia di ozono stratosferico; è proprio qui che i fluoro cloro carburi reagiscono con i raggi ultravioletti. Secondo gli scienziati dai legami chimici di tali molecole si sarebbero scissi atomi di cloro. Il cloro in combinazione con l’ozono è molto dannoso, infatti a contatto con 03 agisce da catalizzatore della sua trasformazione in ossigeno molecolare. Queste reazioni chimiche avvengono a catena , si è inoltre registrato che un atomo di cloro può distruggere 100.000 molecole di ozono. Già nel 1981 nella zona sopra l'Antartide la fascia di ozono aveva iniziato ad assottigliarsi, e negli anni successivi è andato sempre più allargandosi, verificandosi così l’ampliamento del buco dell’ozono. Per dare una spiegazione a questo inatteso fenomeno, gli scienziati hanno teorizzato quanto segue: la maggior parte di ozono si forma nelle alte regioni dell’atmosfera nei pressi dell’equatore dove i raggi del sole colpiscono con più intensità.

L’ozono si accumula lentamente diffondendosi intorno alla terra, dirigendosi poi verso le regioni polari. Nella stessa direzione si muovono gli atomi di cloro dei CFC, così facendo l’ozono e il Cloro si concentrano nell’alta atmosfera al di sopra della regione antartica, dove immense quantità di Cloro e di ozono vengono immagazzinate e conservate al freddo, questi atomi sono successivamente liberi di agire ed il Cloro può riprendere la sua opera distruttiva, dando origine al buco dell’ozono.

L’assottigliamento della fascia di ozono stratosferico quindi, appare molto più evidente nell'Antartide a causa del freddo, ma si ha ora la conferma che il fenomeno si sta verificando sull’intero pianeta. Si può concludere quindi che senza lo strato di ozono ogni forma di vita sulla terra si estinguerebbe, perché se la crescita dei vegetali dovesse subire gravi alterazioni, gli animali e l’uomo non potranno nutrirsi.

Un altro grave problema legato al buco dell’ozono è quello del rischio della popolazione che si espone alle radiazioni solari. I rischi a cui si vanno incontro sono malattie alla pelle, come ad esempio i melanomi, senza contare la morte della fauna e della flora, inoltre anche se in misura minore risulterebbe danneggiata anche la vita negli oceani. Forse l’affermazione l’uomo arrosto è un po’ troppo eccessiva ma se si continuerà cosi non sarà da escludere. In realtà non tutti sono d’accordo ad attribuire ai CFC la responsabilità del buco dell’ozono. Negli anni 50 lo scienziato inglese Gordon Dobson fece alcuni studi sull’atmosfera da postazioni sull’oceano pacifico, si era accorto delle variazioni del livello di ozono, che a quel tempo erano molto contenute, più tardi anche i francesi si sono accorti dell'assottigliamento dello strato di ozonosfera.

In definitiva secondo alcuni studiosi poteva esistere un fenomeno naturale che spieghi il buco dell’ozono nell’atlantico, in quanto nei mesi di agosto e settembre il buco dell’ozono si sarebbe ristretto (ma è evidente che la strumentazione dell’epoca non era attendibile).
Vista tale situazione nel 1981 i paesi più progrediti hanno firmato il protocollo di Montreal per controllare l’emissione di idrocarburi.

 

Dobbiamo allarmarci ?

Il problema del buco dell’ozono è una questione delicata da affrontare ma senza troppi allarmismi. Gli studiosi ammettono di trovare diverse difficoltà nell’interpretare un fenomeno che, non a caso, viene definito "un mistero scientifico". Il problema deve essere affrontato con dovuta attenzione perché le cause che hanno portato alla depressione (diminuzione del gas) sono diverse. Per esempio una causa è l’eruzione vulcanica che immette nella stratosfera polvere e gas, come nel caso del Pinatubo. Da considerare anche l’azione catalizzatrice delle reazioni chimiche svolta nelle nubi stratosferiche polari e il contributo negativo e non ben chiaro di altri gas. I due problemi, il buco dell’ozono e i mutamenti climatici, sono in qualche modo legati tra loro. La riduzione dei gas può avere una duplice conseguenza: da un lato favorisce il passaggio delle radiazioni solari verso la superficie terrestre, dall’altro favorisce anche l’emissione delle radiazioni infrarosse planetarie verso lo spazio esterno. Meno prevedibili sono invece le conseguenze sull’ozono di un eventuale cambiamento climatico. La ricerca italiana in questo campo è sicuramente in una buona posizione. Essa si sta sviluppando nell’ambito del programma nazionale di ricerche in Antartide. In questo ambito sono attivi due gruppi: il primo dell’università di Roma, il secondo dell’Istituto di Ricerca sulle onde elettromagnetiche. Nella base americana di McMurdo, un terzo gruppo dell’Istituto di Fisica dell’atmosfera del CNR di Roma, esegue sondaggi con i palloncini d’alta quota. Infine, i gruppi italiani sono inseriti a livello comunitario nei programmi che misurano eventuali depressioni dell’ozono nell’Antartide.

Mistero Pinatubo: gli scienziati non sono affatto sicuri che le ceneri emesse nell’atmosfera dal vulcano filippino abbiano determinato una drastica riduzione dell’ozono. E la conferma è arrivata molto di recente. Le misure prelevate dal satellite Nimbus7 della NASA nei primi mesi del ‘93 sull’effettivo assottigliamento dello strato, appaiono contraddittorie sugli effetti della catastrofe del Pacifico. Le più pessimistiche ipotesi espresse immediatamente dopo l’eruzione assegnavano alle zone temperate del pianeta una possibile riduzione dello schermo naturale tra il 10% e il 20%. Pessimismo smentito dal Nimbus7 che ha verificato una riduzione " appena " del 2-4%. Il sospetto ora è che le ceneri in realtà non influenzano tanto la dinamica della chimica atmosferica quando piuttosto interferiscano nel trasporto dell’ozono a livello stratosferico.